Inter-Parma 1-0: una Milano poco marittima.

A casa mia piove e non sono andato al mare.
Niente pinne sotto il tavolo, niente castelli di sabbia, che pure avrebbero avuto attinenza con il momento nerazzurro.
E quando pure il clima è da gita domenicale e l’Inter tiene viva la fiamma del falò, la chitarra risulta scordata e il canto un po’ stonato. Qualche voce fuori dal coro mi tiene giusto compagnia, fa da contorno ad un arrosto che è saporito ma un po’ indigesto, tale e quale alla partita che sto guardando.
Un pasto frugale, un gesto automatico, di sopravvivenza.
La pancia brontola ma la coscienza mi sconsiglia di tuffarmi a mare, di buttarmi a bomba sulla squadra come molti fanno da mesi provando pure un sottile piacere nello scoprire che il fondo è vicino e il sedere dolente.
Guardo la classifica come fosse un menù e nel contare i soldi nel portafoglio scopro che con un briciolo di fegato in più (non quello bello dei vari Gervasoni, Giacomelli e Celi nel dispensare o togliere rigori sempre in una sola direzione) ci saremmo potuti permettere pure il dessert.
Inutile pensarci ora quando gli avanzi sono già impacchettati e il tappo rimesso nel collo della bottiglia.
Però mentre i camerieri stanno per sparecchiare d’istinto alzo il dito e faccio intendere un cortese – Ripassi più tardi -
Gli ultimi bocconi, quelli che a Napoli chiamano ‘o muorz ra crianz, il morso della buona educazione.
Incoraggiare anche gli elementi della rosa è un gesto da galateo: o ce l’hai nelle tue corde oppure no.
Di piatti ne avrei fatti volare parecchi anche io in questo mogio mezzogiorno ma me ne sarei pentito un attimo dopo. Roba da ristorante cinque stelle, da decantato sushi bar  per restare giapponese al 100%.
Battute a parte, il prezzo da pagare è sempre lo stesso.
Siamo alla frutta. Con grandissima dignità.
Lottiamo per il tozzo di pane, ok, ma lo facciamo cedendo le molliche al compagno più vicino, senza ingordigia.
Umili, volitivi e un po’ stra(ma)ccioni.

Lo si nota fin dalle prime battute, dal 4-4-Alvarez-1 in cui Jonathan spinge, Kuzmanovic si inserisce spesso e volentieri, Rocchi detta il passaggio e Kovacic i tempi di gioco.
Corti, subito alle cosce di un Parma se non bollito, sicuramente stufato e stufo, con il costume e la protezione solare sotto la divisa da gioco.
Ma se non addentiamo il meritato boccone è solo perché alla fine tutto sembra una enorme zuppa e Schelotto l’unico con in mano la forchetta.
Fatto sta che un mezzo cucchiaio di Valdes quasi quasi i ducali riescono a succhiarci il vantaggio a qualche giro di lancette dell’intervallo.
Un singhiozzo che non avrebbe dovuto placare la nostra fame eppure dagli spogliatoi ritorniamo con la vescica vuota e il nodo della cravatta slacciato.
Se non ci fossero panchine e gradinate sembrerebbe di stare nel giardino di un hotel nel bel mezzo di una cerimonia di cui siamo semplici spettatori.
Manca giusto la piscina e l’ospite scellerato, il Pinilla di turno, che si tuffa.Così come manca Stramaccioni corso chissà dove a recuperare il tovagliolo di Alvarez con il chiaro intento di riattaccarglielo con un bel doppio nodo alla nuca. E invece no.

A San Siro pure il sole si nasconde dietro le nuvole per non guardare.
Pure Donadoni si adeguata inserendo Biabiany, uno abituato ad avere lampi nella faretra e nelle gambe. Schelotto risponde portando il buio più profondo con una smorzata di polpaccio. Eppure sono lì incollato allo schermo con lo sguardo perso.
Garritano ha l’effetto di un caffè corretto con sambuca, una “mosca” che senza fare chissà cosa mi tiene su quel tanto le palpebre per permettermi di guardare qualche azione manovrata decente come quella che Rocchi conclude alla perfezione, ottenendo il massimo con il più antiestetico dei gesti.
Quanto basta per non farci affondare. Un salvagente perfetto anche quando il mare è lontano. Almeno per un’altra domenica.

Handanovic: una parata per tempo come gli avevano promesso arrivando ad Appiano. 6.5

Jonathan: giocando con continuità ha acquistato fiducia, sicurezza nei propri mezzi. Attacca con i tempi giusti e difende con ordine, cercando di gestire la palla anche quando messo sotto pressione. Cala con il resto della squadra nella ripresa. 6.5
Ranocchia: soffre quando viene puntato da Sansone e quando non riceve collaborazione dai centrocampisti. Con i reparti più vicini non ha difficoltà ad imbrigliare Amauri. 6
Juan Jesus: meno dirompente di altre volte ma sempre con la testa verso l’obiettivo: impedire all’avversario di turno di far male. Per il resto qualche sbavatura di poca rilevanza. 6
Pereira: sulla fascia si danna e fa danni. 5

Zanetti: copre Jonathan nelle sue avanzate ma si inserisce con poca continuità, soprattutto quando Alvarez si eclissa. 6-
Kovacic: carbura piano piano e forse resta poco sotto i suoi standard ma rappresenta l’onda anomala in un periodo di bassa marea. 6.5
Kuzmanovic: parte a sinistra e per un’ora è l’unica luce che nasconde le ombre di Schelotto.  6+
Schelotto: cavalcata pesante, chioma che con si scompiglia nel vento. Entra tre volte in area:  in due fa male e in un’altra si fa male. San Siro non perdona. 4.5

Alvarez: un cornetto buono ma con il cuore di panna. Si scioglie prima di mordere il cono. 6-
Rocchi: unico a muoversi senza palla, a cercare la profondità, il più delle volte ignorato, capito nei suoi movimenti. Segna su uno dei rari palloni puliti arrivatogli. 6.5

Aniello "AL82" Luciano

Nella foto (Inter.it) l'esultanza di Rocchi, arrivato a quota 2 reti alla quarta partita da titolare.