Vaslui-Inter 0-2: la via vecchia e quella nuova.

Potrà sembrare un paradosso ma la tappa di Piatra Neamț riscriverà in maniera significativa la geografia dell’Inter moderna.
Non certo per il risultato, prevedibile ma non scontatissimo, o per la coincidente notizia dell’acquisizione di Alvaro Pereira, per quanto questa rappresenti una contingenza (prologo degli ultimi addii di questa macchinosa campagna acquisti?) mica da ridere.
La trasferta in terra rumena lascia addosso una sensazione strana, un po’ amarognola sulla punta della lingua ma piuttosto insapore per il resto della bocca.
Una bocca vogliosa di sapori forti, che non si accontenta di una rinvigorente minestra, nemmeno in tempi di freddo e bufera.
Metafore a parte, il 2-0 al Vaslui rappresenta la fine di un cammino, gli ultimi chilometri di corsa intrapresa nel 2006, prima di imboccare in maniera piuttosto netta, dolorosa ma dovuta, la traiettoria del cambiamento.
Il destro incrociato di Palacio non solo chiude una partita tutt’altro che semplice ma spinge un pezzo di storia nerazzurra nella pagina dedicata alla postfazione, in un gesto che la saggezza popolare definirebbe l’abbandono della via vecchia per la nuova.
Via vecchia intesa come idea di calcio ideata da Mancini, perfezionata da Mourinho e diventata con gli anni, per ovvie ragioni, impercorribile.
Giunti al bivio, bisogna per forza decidere da che parte svoltare, sperando che la decisione risulti la meno dolorosa.
Strade senza buche, curve morbide e soste di piacere non esistono sulla nostra mappa.
Sarà l’abilità al volante di Stramaccioni e l’abitudine ai terreni brulli dei nuovi arrivi a dirci quante forature dovremmo riparare lungo un tragitto fatto di mete lontane e lidi da sogno.
Per ora viaggiamo di casello in casello a bordo di una vettura che non ha più i cavalli e il confort di un tempo e che il tecnico romano non si è fatto ancora intestare, nonostante ieri abbia impugnato la penna e compilato le carte per il passaggio di proprietà.
Immaginare un Inter senza gli affondi di Maicon, il senso tattico di Cambiasso, la presenza (800 e non sentirle) di Zanetti è uno sforzo che prima o poi dovremmo costringerci a fare.
Certo a qualcuno potrà sembrare una formula scolastica (togli x, metti y, sposta z) ma applicata alle prime uscite stagionali, lasciando il beneficio del dubbio al mercato in corso e ai carichi di lavoro, ci si rende conto facilmente che i calcoli svolti non trovano conferme nei risultati dati.
Senza entrare nel merito di chi siano le colpe nel far quadrare i conti, non solo quelli economici, le partite di Europa League mostrano la difficoltà nel passare da una squadra capace di puntare con veemenza al vertice ad una che prova a raggiungere la cima salendo con un percorso ''addolcito'' da tornanti.
Nello specifico il passaggio, mi si consenta l’esemplificazione forzata, da una squadra fisica e verticale ad una dal gioco più arioso.
Sintetizzando ulteriormente in 5 punti:

A) La probabile partenza di Maicon ci impone soluzioni offensive diverse, se si considera che il Colosso ha rappresentato a lungo una delle nostre armi migliori per imprevedibilità (qualità non annoverata nel repertorio di Jonathan, fra l’altro dato in partenza) e profondità (Zanetti e Nagatomo sono dotati di un buon affondo ma meno potente di quello che ancora oggi può essere considerato il numero uno nel ruolo).
Qualora Maicon restasse e Pereira confermasse le premesse che lo hanno spinto verso la sponda nerazzurra di Milano, saremmo muniti di una batteria di esterni di assoluto livello, idealmente simile, con le dovute proporzioni, a quella che ha permesso alla nostra Primavera di alzare la NextGen Series Cup.

B) La perdita di Lucio e le continue soste ai box di Chivu limitano la fluidità della nostra manovra ‘’bassa’’, nonostante Ranocchia, concentrato fin dal primo giorno di ritiro, abbia svolto in maniera dignitosa il compito durante l’esperienza genoana, seppur in una difesa a 3.
Silvestre e Juan Jesus si fanno rispettare nella fase passiva di gioco ma il loro tocco di palla tutto sembra fuorché morbido.

C) Mudingayi non è un interno da modulo col rombo o ad albero di natale.
E’ dinamico, attento tatticamente ma non ha i mezzi tecnici per inventarsi centrocampista a rimorchio. Gargano, anch’egli tutto fuorché un interno tout court, non disdegna lo spunto personale ma è da Obi e soprattutto da Guarin che ci si attende l’aiuto necessario per il trio offensivo di Stramaccioni.
Il colombiano, ieri come nel derby, sua miglior prestazione con il Biscione, si è espresso meglio a sinistra dove può dialogare con Sneijder (non possiamo prescindere dal suo sapere calcistico ma quando arretra sulla linea mediana del campo perdiamo le distanze con l’attacco e  di conseguenza pericolosità), con Coutinho e in futuro con Cassano, tutti giocatori che agiscano poco sugli esterni e che come l’ex-Porto amano accentrarsi per calciare col proprio piede migliore.

D) Cambiasso e Stankovic, e in parte minore e per motivi diversi Guarin e Duncan, sono gli unici due che possono dare un senso geometrico alla squadra e agire da simil-regista.
Vista la scarsa mobilità dei calciatori in questione sarà necessario trovare un assetto che dia il maggior equilibrio possibile.
E’ bastato che il Vaslui mettesse il suo uomo più tecnico fra le linee per farci ballare non poco ad inizio ripresa, questo tenendo conto di una tenuta atletica a favore dei rumeni.
Per quanto possa risultare fastidioso per molti interisti, il binomio ‘’Zanettasso’’ costituisce ancora una soluzione affidabile, rodata.
Diventa esclusiva quando le alternative di livello scarseggiano come successo fino ad oggi. Diciamo che con Gargano, Mudingayi e speriamo Paulinho, che non sono i Fernando della situazione, e l’introduzione della panchina lunga c’è la possibilità di ruotare con meno patemi, visto che i nuovi hanno le carte in regola per stupire i più scettici.
 
E) Lo stesso dicasi di Palacio, uomo che farebbe comodo a molte formazioni di vertice. A pelle non sembra integrarsi col gioco preferito da Milito, ancora indietro nella preparazione, ma tatticamente è preziosissimo (da rivedere la diagonale difensiva pochi istanti prima del gol del raddoppio) e la coesistenza potrebbe non essere forzata.
Forse non ha il peso specifico per essere un vice-Milito ma i movimenti giusti, la corsa, il fiuto e la tecnica per prenderne il posto in talune occasioni sì.
Questo per confermare che la voglia di prendere la strada nuova è tanta ma raccogliere le ultime briciole da quella vecchia non deve essere preso come uno slancio anti-progressista, anzi.
I soldi usciti dal salvadanaio sono stati spesi, all’interno di una campagna di abbattimento dei costi, esclusivamente per giocatori capaci di rinnovare l’Inter nel giro di un biennio, per gran parte plasmati per un calcio di vertice e non campioncini in erba che, a scanso di equivoci, ci avrebbero fatto comodo quasi in egual misura.
Gli spiccioli, invece, li abbiamo impiegati per i rincalzi, le scommesse e le costrizioni del mercato.
E’ lecito nutrire qualche dubbio sulla strategia societaria ma non si può dare già per persa la stagione.
In fondo, a proposito di vie vecchie e nuove, anche Cristoforo Colombo partì alla volta delle Indie e finì per sbarcare in America, o no?


AL82

Nella foto (Inter.it) Zanetti tenta di fondersi con Cambiasso per dar vita alla figura mitologia che tanto perseguita i sonni di molti tifosi.