Un calcio al jukebox: il gabbiano Jonathan Cícero Moreira.

Certi momenti della vita hanno un che di divinatorio.
Apri più del dovuto il compasso della gamba destra o ti tuffi in maniera impacciata su un cross apparentemente innocuo e il tuo destino assume una piega diversa, amara.
È come un’enorme e sbagliata sliding door che ti si chiude alle spalle nell’attimo esatto in cui vorresti superarla nella direzione opposta.
Da uno scricchiolio impercettibile fino al rumore progressivo e ferroso associabile a quello di un cancello che delimita un’area che non ti è più amica.
Un’esclusione forzata, una condanna con insufficienza di prove.
Come il suo omonimo gabbiano figlio della penna di Richard Bach, Jonathan è sempre stato un “diverso” per la maggioranza dei tifosi nerazzurri, uno messo in coda al gruppo dopo una mezza planata in una tiepida sera di settembre (Inter – Trabzonspor, Champions League 2011-12, nda).
Restano ancora visibili, a distanza di mesi e di acrobazie fallite (o riuscite soltanto a metà), la sua testa olivastra e quel corpo affusolato ma ancora inadatto al volo, ad una migrazione importante come quella intrapresa dall’Inter con l’avvento di Stramaccioni.
La legge del più forte ha la meglio anche sulla dedizione al lavoro.
Se non sei un avvoltoio non ti resta che soccombere.

 

Che importa se hai disputato solo 7 partite in campionato e se sei stato valutato quanto un Peluso qualunque (esemplare di cui molti interisti ammirano il suo ordinario piumaggio).
Non ti sarà concesso un posto nel Paradiso dei Gabbiani, “una via che allontana dalla banalità e dal vuoto”, lo slancio verso un livello di coscienza superiore. Conoscerai il ripudio, lo sberleffo e null’altro.
Nel calcio non esiste passato ma solo un “adesso” e in base a questo ti devi regolare.
E Jonathan sa che l’addio all’Europa potrebbe essere vicino.
Praticamente se lo figura.
Il gate per i voli internazionali (l’ennesima porta), un biglietto di sola andata per il Brasile, la testa alta, lo sguardo incerto.
Picchietta nervoso il piede contro il pavimento, quasi volesse dribblare i metal detectors, correre a perdifiato la distanza che lo separa dalla scaletta dell’aereo e servire al pilota di turno un assist immaginario.
Sa che non ha nulla da rimproverarsi e rifarebbe tutto daccapo.
Allargherebbe ancora il compasso di quel tanto per cadere in errore, si lancerebbe sul solito cross in maniera goffa e, uscendo dall’ennesimo esame fallito, applaudirebbe senza rancore e senza essere servizievole quel pubblico che mai l’ha amato.
Perché la società Inter non gli ha negato la libertà di esprimere il proprio potenziale, anche quando non era condiviso, e di perseguirlo attraverso l’abnegazione.
Perché dopotutto c’è dignità anche nell’essere un reietto.
Perché, come dice un proverbio napoletano assai calzante, “‘O curaggio ‘o tene, ma è ‘a paura c’’o fotte”.


AL82

Nella foto (© AFP) Jonathan in un'espressione eloquente.


Note.
Il Contemporary Noise Sextet è un combo polacco che, a dispetto del nome, percorre i territori del nu jazz. "Kill The Seagull, Now!", originariamente scritta per una pièce teatrale di Cechov, è tratta dall'album "Ghostwriter's Joke" (2011, Denovali Records).


Scegliamo il nostro mondo successivo in base a ciò che noi apprendiamo in questo.
Se non impari nulla, il mondo di poi sarà identico a quello di prima, con le stesse limitazioni.

(Richard Bach, Il gabbiano Jonathan Livingston)