Inter-Lazio 2-2: la prova del nove.

La prova del nove non è quella di Bonazzoli (che portava un altro numero ma è un nove autentico).

E neppure quella di Icardi, ieri incapace di liberarsi una volta al tiro o di proporsi positivamente ai compagni.

La prova del nove riguarda i limiti tecnici agonistici e anche tattici di questo gruppo e la conseguente necessità di evitare schieramenti avventurosi, che in altre situazioni magari pagano, ma che questa squadra non può sopportare.

Parlando della partita, alla vigilia, sostenevo di essere moderatamente ottimista, a due condizioni:  che la squadra riuscisse ad esprimere intensità e ritmo per almeno 70' e che la disposizione in campo tenesse conto della necessità di  preservare quegli equilibri, anche difensivi, che sono le fondamenta di qualunque gruppo organizzato.

Prendendo in esame la formazione ipotizzata da quasi tutti i media, facevo notare come a mio parere, con un modulo diverso da quello di WM, il Mancio stesse comunque tenendo conto della necessità di un rapporto equilibrato fra chi è incaricato prevalentemente di difendere e lottare e chi invece deve come primo compito costruire e segnare.

In genere si prevedeva la conferma del modulo di Chievo, con due centrali, due esterni bassi, tre centrocampisti di quantità, un rifinitore e due punte.

Dal mio punto di vista questo schieramento differiva da quelli mazzarriani, ma otteneva gli stessi risultati in termini di equilibrio, perché il centrale in meno veniva più o meno compensato dallo schierare un esterno basso (D'Ambrosio), più solido in fase difensiva rispetto al duo Naga-Dodò, e dalla presenza di un centrocampista di movimento in più rispetto al 3-5-2 di WM che, oltre alle due punte, prevedeva spesso in mezzo al campo la presenza contemporanea di Kovacic ed Hernanes.

Dunque la vera differenza, a mio parere, non stava tanto nella scelta di un gruppo con caratteristiche più offensive, ma nella decisione di aggredire  il portatore di palla, di difendere più alti.

Scelta calcolata, che dà sicuramente dei vantaggi ma può far correre  anche dei rischi.

L'opzione preferita da Mazzarri (affrontare compatti l'offensiva avversaria ai limiti della propria area per poi ripartire in contropiede) era vanificata da due elementi:

- il fatto di non avere contropiedisti, poiché il migliore dei nostri, in progressione è Kovacic, che però non essendo una punta va con la palla anziché dettare il passaggio;

- il fatto di non avere difensori (o un play di centrocampo) in grado di far ripartire velocemente l'azione.

Per questo, ogni volta che riconquistavamo palla la manovra si sviluppava lenta, gli avversari rientravano tutti, la squadra doveva comunque necessariamente salire per non lasciare troppi spazi tra le linee e, alla conseguente sterilità offensiva, si aggiungeva la fragilità delle linee difensive, rimaste scoperte.

Non a caso sembra che il Mancio abbia chiesto un play di centrocampo e due ali.

Il nostro nuovo mister dopo un primo esame dell'organico, sembrava orientato verso un 4-3-3 di fortuna, nel senso che sugli esterni ha provato ad adattare Kovacic e Guarin.

In questo modo la fase difensiva si strutturava su una linea  a 4, con davanti tre centrocampisti puri oltre a due esterni alti che in teoria dovevano chiudere le fasce, mentre in fase offensiva avevamo tre attaccanti e i due esterni bassi che salivano, oltre al possibile inserimento di uno dei tre centrocampisti.

Il modulo però non funzionava, per l'evidente incapacità dei due esterni, fuori ruolo, di chiudere le fasce e nel contempo di portare l'azione d'attacco in modo avvolgente.

Così il Mancio ha provato la soluzione dello schieramento a rombo, con tre mediani, Kovacic dietro le punte, Palacio che andava a ostacolare la ripartenza avversaria su una fascia, Guarin che si allargava dall'altra parte e Kovacic che rientrava centralmente, ma in  modo  meno profondo e sistematico.

Questa soluzione è apparsa sicuramente più efficace e a Chievo ha funzionato benino, sia in termini di copertura e  di fluidità della manovra, sia, di conseguenza,  in termini di risultato.

Ci si aspettava dunque la conferma del modulo anche contro la Lazio ma il mister, considerando che i romani si sarebbero chiusi per ripartire negli spazi, ha optato a sorpresa  per un 4-4-2 che toglieva un incontrista in mezzo al campo (Medel) ma copriva meglio le fasce, con due esterni di ruolo sulla sinistra e Guarin a destra, “protetto” da D'Ambrosio.

La soluzione si è rivelata inefficace perché centralmente facevamo fatica, con i soli Kovacic e Kuz e la copertura delle fasce non risultava comunque efficace.

Fattori contingenti e imprevedeibili hanno contribuito all'insuccesso di questo tentativo, come la cattiva giornata di Dodò e Guarin e il pessimo inizio di Ranocchia.

Per di più il vantaggio laziale, ottenuto dopo meno di 2', al primo tentativo, agevolava ulteriormente il gioco di rimessa e le ripartenze dei bianco celesti.

Appariva subito chiaro che la soluzione era l'esclusione di un Dodò, inesistente, e l'inserimento di un centrale di lotta in più, per migliorare la barriera frangiflutti e nel contempo per consentire a Kovacic e Kuz di svolgere un ruolo più offensivo.

Così non è stato un caso che  il primo tiro della partita (al 15' del st!) sia stato sferrato da Kuz e poco dopo proprio Kovacic abbia trovato il gol con una prodezza straordinaria.

Dunque, il Mancio ha sbagliato la formazione iniziale?

Naturalmente no, nel senso che il nostro mister sta conoscendo a fondo le potenzialità della rosa, che la scelta aveva le sue buone motivazioni (contro la Lazio prevedibilmente chiusa era necessario potenziare le fasce e certo il mister non poteva immaginare di prendere gol alla prima azione).

Inoltre l'idea di schierare Dodò esterno alto era stata avanzata da molti di noi, che pure siamo molto più bravi di un qualunque allenatore.

Diciamo che il Mancio ha sbagliato a posteriori visto che Dodò e Guarin hanno fornito una prestazione disastrosa e i due centrali (ma soprattutto Ranocchia) hanno confermato la loro fragilità nell'uno contro uno.

Corretto l'errore, l'Inter è ripartita e si è vista un'altra squadra.

Sono cresciute enormemente l'intensità, la determinazione, anche per un fattore psicologico (il gran gol di Mateo, splendido quanto casuale, nel senso che è il frutto di una sublime giocata individuale).

E qui si pone una domanda: l'intensità è cresciuta perché la squadra era messa meglio in campo o la squadra è apparsa messa meglio perché è cresciuta l'intensità?

Probabilmente ciascuna delle due situazioni è stata causa ed effetto dell'altra.  Sembra certo comunque che senza una disposizione adeguata l'intensità non sarebbe servita a rimontare due gol.

D'altra parte va rilevato come ormai da anni la squadra ci abbia abituato, nella migliore delle ipotesi, a giocare un tempo a ritmi elevati e l'altro a soffrire.

La mano del Mancio comunque si vede da tante cose: dalla maggiore autostima, dalla voglia cresciuta di battersi anche in situazioni negative, dalla maggiore capacità di lettura della partita.

Cresceremo ancora, probabilmente, migliorando  la capacità di produrre gioco offensivo anche contro le difese schierate, senza esporci troppo, soprattutto se arriveranno i rinforzi desiderati.

Rimontare ieri a San Siro era davvero un'impresa disperata e solo il colpo di Mateo ha consentito alla partita di svoltare.

Ci sono molte teorie sull'importanza del pubblico nelle prestazioni di una squadra.

Io so che dopo il primo gol, ad ogni errore si sentivano risate di scherno, commenti avvilenti, imprecazioni di inaudita violenza.

Il pubblico che paga ha diritto di deridere e insultare?

Probabilmente si, ma il discorso è un altro: questo comportamento aiuta la squadra?

In un discorso non meramente tecnico  darei 10 a Ranocchia solo per la personalità dimostrata giocando un grande secondo tempo, dopo che gli era stato urlato di tutto.

E darei la sufficienza persino a  Guarin, che ha sbagliato tutto, ma proprio tutto, però ci ha provato fino alla fine, sfidando il muro dell'ostilità che avvilisce e ferisce.

In conclusione mi piace far notare una cosa: la media punti di Mazzarri è stata di 1,44. La media punti di Mancini, nelle cinque partite giocate, è stata di 1.00.

Naturalmente non è un paragone, che non avrebbe senso, perché sono diversi gli avversari incontrati e perché soprattutto il Mancio deve avere il tempo di conoscere a fondo la rosa e di sperimentare soluzioni diverse, alla ricerca di quella più valida.

E' però una prova del nove che conferma, come dicevamo in apertura, i limiti di questo organico e indirettamente conferma anche l'opinione di quanti (ed io ero tra questi) pur riconoscendo che Mazzarri era antipatico, non era mediatico e come allenatore era abbastanza limitato, non rappresentava di certo né l'unica né probabilmente la principale causa di una situazione avvilente, che per altro si prolunga ormai da qualche anno.

La speranza è che il Mancio, oltre ad essere indiscutibilmente un tecnico di livello più elevato e una figura più adeguata alle esigenze anche mediatiche di un grande club, sappia pure esprimere nei confronti di dirigenza e proprietà quel carisma, quella capacità di convinzione che consenta finalmente di arrivare all'acquisto di qualche giocatore di vero valore.

Due tre innesti giusti potrebbero anche valorizzare il resto della rosa e aprire prospettive di classifica migliori.

Ma questi arrivi, FPF o meno, sono assolutamente necessari e soprattutto non si potranno sbagliare.

Se Babbo Natale ci porterà questi regali, potremo sicuramente assistere a una seconda parte della stagione molto più confortante.

E questo è l'augurio per tutti gli interisti.

Le prestazioni individuali

Handanovic: questa volta non compie nessun miracolo, anzi forse sul secondo gol resta un po' troppo immobile. Però le sue eventuali responsabilità sarebbero certamente lievi, in confronto a quelle di altri. Resta il fatto che prende due gol sui due unici tiri subiti. 6

D'Ambrosio: nel primo tempo si dà da fare anche a spingere, nella ripresa resta più sulle sue. È tra i più positivi, anche se entrambi i gol subiti vengono da quella fascia. Provvidenziale l'assist di testa per Palacio. 6+

Ranocchia: primo tempo disastroso. Sul primo gol si fa bruciare dallo stop a seguire di Anderson.

Sul secondo gol, deve andare Juan Jesus a cercare la chiusura sul centrodestra: del Rano non c'erano notizie.

Poi, sbaglia anche in altre occasioni e viene preso di mira dal pubblico. Si riscatta con carattere nel secondo tempo. 5.5

Juan Jesus: viene superato nell'azione del secondo gol, ma era andato a chiudere su un avversario non suo. Per il resto una prestazione di grande grinta, potenza e anche, cosa insolita, concentrazione. 7-

Nagatomo: per un tempo in coppia con Dodò compie misfatti sulla fascia sinistra. Riportato stabilmente a terzino e con davanti un centrocampista in più, fa meglio nella ripresa (come del resto i due centrali). 6-

Guarín: lavora tantissimo e sbaglia praticamente tutto.

A sua parziale discolpa bisogna dire che cerca sempre la giocata: si liberasse della palla con un tocchetto a un compagno a due metri, farebbe miglior figura, ma non renderebbe di più.

Ha peso atletico e potenza, cose che in questa Inter servono, purtroppo. Non ha piedi educati e soprattutto cervello calcistico. 5-

Kuzmanovic: non è né un fulmine, né un genio del pallone. Ma si sapeva.

Gioca in modo ordinato, cerca di proporsi nelle due fasi.

Fatica nel primo tempo a reggere il doppio compito, avendo al fianco il solo Mateo.

Nella ripresa si vede di più.

È lui che suona la riscossa con due tiri piuttosto insidiosi, prima del gol di Kovacic. 6+

Kovacic: è l'unico che costruisce gioco.

Se si aggiunge a questo che è anche il realizzatore dello straordinario gol che dimezza lo svantaggio, non si vede cosa chiedergli di più.

Il timore è che un giorno si stanchi di predicare nel deserto.

Per non perderlo urge mettergli al fianco qualche compagno all'altezza.

La sua partita sarebbe da sette, ma il gol gli vale mezzo punto in più. 7.5

Dodò: la controfigura del giocatore interessante che avevamo visto in qualche occasione: spostato in avanti, non ne combina una giusta e non riesce neppure a rendersi utile in copertura. 4.5

Palacio: per quasi tutta la partita sembra in leggera flessione dopo i progressi che invece aveva mostrato a Chievo. Nel finale invece gli riesce qualche giocata importante e soprattutto si fa trovare pronto, dopo tanto tempo, all'appuntamento con il gol. 6+

Icardi: ha qualche attenuante, ma la sua prova risulta nettamente inferiore alle attese anche più benevole. Non si fa mai vedere, non va in anticipo a  prendere qualche traversone alto, sbaglia diversi controlli o appoggi.

Una prestazione da dimenticare. 5

Medel: con il suo ingresso il rendimento della squadra cresce e non è un caso.

Con il dinamismo che lo caratterizza dà maggior equlibrio a tutto il complesso: ne traggono beneficio i centrali, più protetti e le mezze ali, più libere di offendere.

Ottimo in interdizione, cerca anche di far ripartire lazione pur non avendo attitudini per questo compito. 6.5

Bonazzoli: qualcuno che non lo conosceva, allo stadio, ne ha fatto un idolo.

E' bastato un cross giusto e qualche recupero difensivo.

In realtà il grande Bona ha mostrato quello che tutti sapevamo: un sinistro delizioso e soprattutto tanta personalità, direi quasi sfrontatezza.

D'altra parte si è visto che ha pure grandi margini di miglioramento. Per ora è una interessante alternativa. 6.5

Campagnaro: pochissimi minuti, con la grinta giusta.

Un suo insidioso  tiro cross attraversa tutta la luce della porta prima di  perdersi  sul fondo. SV

Mancini: il mister sta lavorando bene su un materiale umano largamente incompleto e deficitario.

Prova soluzioni e qualche volta è inevitabile che sbagli, ma si corregge abbastanza rapidamente.

Se lo ascolteranno in sede di mercato, ci farà risalire posizioni. 6.5

Luciano Da Vite

Nella foto (Inter.it), Federico Bonazzoli e Rodrigo Palacio festeggiano dopo il gol del pareggio contro la Lazio. Mauro Icardi fa da spettatore alla loro esultanza. 

Maurito, ieri sera, ha fatto da spettatore anche durante tutto il resto della partita, purtroppo.

Guido Montana